Una pagina bianca

di Riccardo Angelini

…una tazza di caffè (vuota), un pacchetto di fazzoletti in quanto è inverno e dunque hai il raffreddore. Ora dovresti raccontare, ma prima riempiamo un’altra volta quella tazza, così intanto puoi mandare la mente indietro di qualche mese e tentare di mettere a fuoco quel che è successo. Riavvolgiamo fino a marzo e in particolare fino al momento in cui qualcuno ti dice “Tieniti libero a fine giugno”. Se fosse tuo padre implicherebbe che c’è da svuotare un magazzino, se fosse il tuo amico, da andare al mare. Ma è Stephen Amidon che te lo dice e tu non hai la più pallida idea di cosa significhi. Avanti veloce. È l’inizio di giugno e in direzione ti comunicano che sei reclutato al tavolo degli autori per scrivere una serie teatrale, sei episodi, in scena fra un anno – se ti va. E ti pare che non ti vada? Ancora un po’ più avanti. Fine giugno, quaranta gradi all’ombra, si aprono le porte della Writers’ Room, entrano gli autori. I ricordi cominciano a sovrapporsi. Carte sudore discussioni umidità idee obiezioni proposte critiche caffè. Ecco sì, ci vuole dell’altro caffè (allora funzionava). La tazza è colma, quasi trabocca, forse ti conviene bere prima di versare ancora. Intanto con la mente sei già ad agosto: stai scrivendo una mail per modificare una scena nel terzo atto del quarto episodio che va scritto entro settembre ed è compito tuo. Troppo avanti. Sono quelle due settimane fra giugno e luglio che dovresti raccontare. Due settimane di clausura creativa e dibattito multilingue e brainstorming (non può essere un caso se si chiama così: tempesta di cervelli). Nella tua memoria resta un grande buco nero (come un fondo di caffè?), nero non per svuotamento ma per eccesso di colore, di ricordi schiacciati, affastellati, sovrapposti. Ordine, ci vuole ordine. Potresti cavartela con qualche superlativo. Esperienza notevolissima. Molto interessante. Stimolante oltre ogni dire. Strabella. No, non va, più descrittivo. Prova qualche metafora. La ‘camera degli scrittori’ come la bottega dell’orologiaio, come il laboratorio dell’alchimista. Meccanismi, formule, sensibilità, precisione… No, così è la lista della spesa. E dire che per cavartela basterebbe una buona frase compiuta, soggetto verbo complemento, in modo da restituire almeno il senso di quelle due settimane, della tua esperienza – qualcosa che hai visto, fatto, detto, pensato, urlato; qualcosa di semplice, anche breve, anche normale. Il caffè trabocca.